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Il pianto del pavone







Testo, narrazione, tamburo

Yousif Latif Jaralla

canto e sonorità
Miriam Palma

contrabbasso
(Lelio Gianetto)
Giuseppe Guarrella


in memoria di Mahumud il primo dagli amici persi nella guerra 


La guerra ormai è sempre alla porta, questa è la minaccia dopo l’11 settembre,che segnò in negativo un cambiamento profondo nell’ equilibrio dei rapporti a livello mondiale, facendo verificare un nuovo assetto internazionale che trova ragione e vitalità in uno scenario che ci coinvolge in un conflitto permanente, che oltre a mettere a rischio le risorse economiche e umane del pianeta, e dare inizio a una guerra tribale- dove si vedono le nazioni ricche e avanzate tecnologicamente contro il resto povero della popolazione mondiale, mette a repentaglio tutti gli sforzi che hanno compiuto gli uomini per stabilire dei ponti di comunicazione e di scambio civile tra le diversità culturali ed etniche. La guerra va ripudiata non solo per il fatto che quasi sempre produce vittime non necessarie, orrori e odi che si perpetuano nel tempo ma soprattutto segna la sconfitta del nostro buon senso e della nostra capacità e necessità del convivere pacificamente.


il pianto del pavone, uno spettacolo di tre artisti, un iracheno e due siciliani che insieme mettono la musica e la narrazione come se fossero tre corde vocali in una sola voce per raccontare gli orrori della guerra.


Tre tipi d’oralità contemporanea, accomunati dalla ricerca di una nuova dimensione, una nuova ritualità dove la parola e il suono inventano i loro contenuti:








Yousif Latif Jaralla, ripercorre il dramma degli 10.000 soldati iracheni in fuga da kuwit massacrati in ritirata da truppe e aviazione alleati . .10.000 soldati iracheni Intrappolati su camion e carriarmati, bloccati, all’ inizio, sull’ autostrada tra kuwit city e Bassora, immobilizzati in un grande ingorgo sulla sabbie del deserto, poi raggiunti dagli aeroplani delle forze degli multinazionale, bombe dall’ aria , fuoco da terra . per cinque ore, su un serpente di veicoli che tentavano di fuggire.


“sembrava una Pompei del ventesimo secolo con tutti i veicoli come congelati sull’autostrada e sul deserto dove alcuni avevano invano cercato di fuggire”. scriverà il Times. mucchi di cadaveri inceneriti, corpi riversi sul volante dei camion e delle automobili – censurati in televisione dai controlli dei governi alleati – pezzi d’artiglieria e carriarmati che esplodevano, un’enorme nube di fumo si alzava dai veicoli bruciati, facendo notte del giorno, I soldati della coalizione multinazionale misero una settimana per seppellire i cadaveri, o quello che ne rimaneva.

Di loro non si parlerà;



Miriam Palma, con un canto che non richiama alla mente nessun dei canti gia sentiti, come se provenisse da un mondo antico, lontano e indefinibile. Un canto che trasforma il suono in una narrazione, che da voce ad uno scenario di guerra, di demoni e di una ridda d’orrori, che in guerra diventano normalità.

La guerra non viene più dichiarata ma viene proseguita.

L’inaudito è divenuto quotidiano

I deboli vengono mandati nelle zone del fuoco

E gli eroi? Dove sono gli eroi?


Lo spettacolo è arricchito e sostenuto dai corposi suoni di (Lelio Giannetto) Giuseppe Guarrella, che grazie alla sua grand’esperienza nella musica di ricerca e di improvvisazione, oltre a creare un tessuto sonoro indispensabile per la realizzazione dello spazio narrativo, riesce ad essere una delle voci narranti







Libr'aria, 11-9-2002


Festa dell'unità, 29-9-2002


ccp. Agricantus, 18-10-2002


Asso I candelai, 4-12-2002


Nievisky (Catania) 20-01-2003


Teatro comunale (Augusta) 08-02-2003


Istituto D'arte Statale (Palermo)17-02-2003


Istiuto professionale di stato (Ragusa) 20-02-2003


Teatro di via Tizano(CT) 21-03-2003


Comune di Valverde (CT) 23-03-2003


Teatro Boldini(Ferrara) 10-4-2003

Maria Adelaide( PA) 6-5-2003












Il secondo giorno, era un giorno strano. La mano del vento alzava tanto di quella sabbia che cielo e terra si confondevano , da farli dubitare che erano sulla terra ferma, tutto in movimento e nulla si vedeva, cercarono il sole, ma il sole non c’era, c’era invece una luce strana, ne gialla ne bianca, una luce che non riusciva a capire se era del mattino o del tardo pomeriggio Erano tristi, e rimasero in silenzio finche non calò la notte, allora qualcuno si alzò e accese il fuoco e preparò il tè, e in attesa che il tè si pronto guardava il fuoco, guardò il fuoco a lungo e poi cominciò, bisbigliando, a raccontare tutti i suoi ricordi di tutti i morti che lui si ricorda. Tutto, proprio tutto quello che gli veniva in testa, sembrava curare una vecchia ferita, sembrava confessare un pentimento a lungo tacito, sembrava scoprire un dolore, e tacque e prima di alzarsi e andare a rintanarsi in un angolo disse:- quest’ un giorno che non appartiene alla vita di questo mondo, e noi, forse, non siamo né vivi né morti.


Erano stanchi e confusi, e pian piano, uno dopo l’altro, tutti tacquero. E caddero nel silenzio. E caddero in quel pensiero misterioso. Così passò il secondo giorno e la seconda notte.


Stop


Il terzo giorno non era diverso, la tempesta era li e i contadini erano impolverati,


qualcuno accese il fuoco ma nessuno preparò il tè perché nessun aveva la voglia di parlare, erano sparsi nel caravanserraglio appoggiati al muro, sembravano assorti in misterioso pensiero.


Erano immobile e assenti senza curasi piu della sabbia che girava nel cortile del caravanserraglio né del lamento del vento che si insinuava come un presagio misterioso.


Erano silenziosi e tristi. Passò il giorno, e il buio calò sul deserto in tempesta


Così passò il terzo giorno e la terza notte.